Archivio blog

LA COSTRUZIONE DI NICCHIA

L’ANTHROPOCENE, 1, LA PREISTORIA, VOLUME SECONDO

LA COSTRUZIONE DI NICCHIA

Detto quanto sopra, ora ci si propone di porre le basi per riprendere l’ipotesi del cervello sociale, questo partendo dalle premesse della teoria della costruzione di nicchia (Niche Construction Theory, NTC) che permette di legare tra di loro, in Homo erectus, Homo arcaico e Homo sapiens, l’evoluzione della neocorteccia come pari all’evoluzione d’una rete sociale, all’evoluzione dell’economia che sostiene la rete sociale e alla modificazione (o antropizzazione) dell’ambiente che permette tanto l’evoluzione del cervello quanto lo sfruttamento socio-economico ottimizzato delle risorse disponibili, il tutto in un dispositivo che processa con meccanismi di causalità reciproca questi tratti; detto questo, quello che ora preme affermare riguarda il rapporto tra l’organismo e il citato ambiente, rapporto che dal darwinismo in poi è stato legato allo iato tra lo sviluppo interno dell’organismo e il suo sviluppo esterno in un ambiente dato secondo una processualità detta d’adattamento; processualità dove il DNA è autosufficiente nel determinare lo svolgimento e lo stato finale dell’organismo e dove l’organismo con le varianti idonee all’ambiente esterno (prodotte nella popolazione dalle mutazioni casuali nel patrimonio genetico, ereditabili e adottate dalla selezione naturale) s’adatta a questo, là dove, ancora, questa dinamica di variabilità genetica della popolazione può seguire nel processo evolutivo i mutamenti dell’ambiente in un arco temporale dato (salvo incorrere nell’estinzione), ciò ch’è anche lasciare intendere che il successo riproduttivo d’un organismo, il suo valore adattivo (fitness), altro non rappresenta che la preminenza del suo sviluppo interno, cioè del suo genotipo, e la totale passività del suo sviluppo esterno (il fenotipo) in un ambiente storicamente situato; detto altrimenti, se le variazioni degli organismi in una popolazione derivano da un processo di mutazione e ricombinazione genetica che non risponde alle richieste dell’ambiente, e sono queste varianti che vengono sperimentate in un ambiente ch’esiste indipendentemente da queste variazioni, allora si può affermare che il processo di variazione è causalmente indipendente dalle condizioni di selezione che si verranno ad affermare dopo la messa alla prova della variazione nell’ambiente (nel qual caso, e solo se queste variabili sono ereditabili, il processo conduce a una popolazione che sempre meglio s’adatta nel corso del tempo alle richieste d’un particolare ambiente); tanto che si può sì sostenere che organismo e ambiente interagisco solo per il tramite del processo di selezione, ma questo senza spiegare come il genotipo che presenta il migliore valore adattivo in termini di probabilità di sopravvivenza e tasso di riproduzione s’adatti storicamente come fenotipo a un dato ambiente, salvo lasciare intendere che le proprietà di questo genotipo esplicate dal fenotipo si modellano per rispondere (in modo passivo) ai requisiti specifici dell’ambiente, come se esistesse una nicchia vuota ch’è finalmente abitata da organismi che con le loro proprietà presentano la giusta forma per riempirla; per smentire questa presunta passività nei confronti dell’ambiente, c’è un famoso esperimento che mostra come un organismo (qui una pianta) risulti essere il prodotto unico d’un processo ontogenetico legato alla sequenza d’ambienti in cui si verifica, cioè non sia predeterminato dai suoi geni; esperimento che si basa su una pianta di Achillea millefolium di cui è facile clonare geneticamente individui identici semplicemente tagliandola a pezzi, ciascuno dei quali diventa nel tempo un individuo nuovo e completo (è quella che si classifica come riproduzione per talèa, dove la talea è una parte della pianta capace di emettere radici e di rigenerare un nuovo individuo); l’esperimento consiste nel prelevare sette campioni di Achillea millefolium da una popolazione selvatica (ciascuno con un genotipo differente) e di tagliare ogni campione in tre pezzi (talee) di modo che le tre piante cresciute dalle parti d’una pianta campione siano cloni l’una dell’altra, ma cloni sviluppatisi in tre ambienti diversi; infatti, come mostra la figura seguente, ogni primo pezzo di campione è piantato a bassa altitudine (30 metri s.l.m.) e rappresentato secondo una sequenza orizzontale ordinata secondo la riuscita della loro crescita (dalla talea più alta a quella più bassa, in cm); ogni secondo pezzo è piantato a un’altitudine intermedia (1 400 m), sempre rappresentato secondo una sequenza orizzontale che obbedisce all’ordine già presente all’altitudine bassa, ma senza valorizzare la riuscita della crescita; e ogni terzo pezzo è piantato in montagna (3 050 m) e rappresentato secondo una sequenza orizzontale sempre ordinata secondo la sequenza già presente all’altitudine bassa e, anche qui, senza valorizzare la riuscita della crescita, di modo che la lettura verticale delle talee di ogni campione mostri, dati i livelli, gli esiti della crescita alle diverse altitudini; si nota, osservando la figura, che il primo campione di Achillea millefolium mostra la crescita massima alla bassa latitudine (più di 50 cm) e all’altitudine elevata (47 cm), ma non a quella media (solo 12 cm e con la talea che non è riuscita nemmeno a fiorire); che il sesto campione mostra una talea che occupa il secondo posto per crescita alle altitudini elevate (35 cm), che occupa il penultimo posto per crescita alle altitudini basse (30 cm) mentre, ad altitudine intermedia, occupa per crescita una posizione (30 cm) ch’è mediana tra la più alta e la più bassa; tanto che, generalizzando, non c’è modo di prevedere l’ordine di crescita nei tre ambienti dato che nessuno dei sette genotipi è costantemente il più alto o il più basso (il genotipo 5, con una media di 25 cm, e il genotipo 7, con una media di 18 cm, sono quelli che sono cresciuti di meno di media in tutti e tre gli ambienti, mentre le medie degli altri genotipi, 32-33 cm, sono indistinguibili), né è possibile stabilire una correlazione tra gli schemi di crescita nei diversi contesti, motivo per cui non c’è ragione di domandarsi qual è il genotipo che produce la miglior crescita se non si specifica l’ambiente in cui il fenotipo s’è sviluppato, ciò ch’evidenzia una reattività fenotipica non passiva (o, con altre parole, che il fenotipo è l’unica conseguenza di un particolare genotipo che si sviluppa in un particolare ambiente):


Figura n.  . Fonte: Lewontin, 1988, p. 18.

È dunque errato, come mostrano anche le prove a sostegno dell’epigenetica (v. supra), lasciare intendere che l’ambiente d’un organismo sia indipendente da quell’organismo, e che i cambiamenti che si verificano nell’ambiente siano autonomi e indipendenti dai cambiamenti che avvengono nella specie stessa, poiché l’ontogenesi d’un organismo è data dall’interazione unica tra i geni di cui è portatore, la sequenza degli ambienti esterni con cui entra in contatto nell’arco del suo ciclo vitale e le interazioni molecolari casuali all’interno delle singole cellule (o perturbazioni casuali dello sviluppo, v. supra); tanto che è forse più pertinente, per comprendere con efficacia un processo evolutivo, adottare al posto del termine adattamento quello di costruzione, termine che sottolinea un approccio dell’organismo all’ambiente che lo presenta come attivo (per esempio, organismi che costruiscono nidi, tane, dighe, tumuli, ragnatele e altri reperti; piante che cambiano i livelli dei gas atmosferici e modificano i cicli degli elementi trofici; funghi e batteri che decompongono la materia organica e batteri che fissano le sostanze nutritive etc., insomma tutto quanto modifica date condizioni ambientali che possono, a loro volta, agire su altre condizioni ambientali di costruzione) e che indica che una nicchia non può essere vuota, preesistente a lui, ma esistente solo in quanto prodotto della sua interattività specie-specifica; infatti, gli organismi determinano quali elementi del mondo esterno sono costitutivi del loro ambiente e quali rapporti, tra questi elementi, sono per loro rilevanti, il tutto in conseguenza delle proprietà degli organi sensori, del sistema nervoso, del metabolismo e della forma dell’organismo che creano una giustapposizione spaziale e temporale di tratti del mondo, ciò che arriva a costruire, appunto, un ambiente per lui rilevante; e si pensi, a questo proposito, alle scelte operative agite da un organismo sull’ambiente che questi esperisce in realtà senza etichette, come il darwinismo neurale ha comprovato, tanto che la realtà sperimentata dagli organismi all’interno d’una specie è reperibile solo negli intervalli imposti dai filtri selettivi permessi dalle percezioni sensoriali e motorie (cioè da una realtà garantita in quanto ritagliata dagli unici intervalli di sperimentazione che questi ne possono avere) e che pertanto le etichette prodotte dal fare di ogni organismo di quella specie sono il risultato della sola e unica porzione dell’ambiente esterno su cui esso, con il suo comportamento individuale (ma anche collettivo, cioè sociale), può di fatto agire; ciò che vuol dire, se ci si pensa un poco, che l’ambiente lo si deve valutare non in quanto dato come autonomo e preesistente all’organismo e alla specie, ma esistente storicamente solo in quanto interattivamente costruito dall’organismo (e dalla specie) entro i limiti fisici e chimici imposti dall’ambiente, questo assemblando i tratti percepiti e valorizzando, tra questi, dei sistemi di valore specie-specifici; aggiungendo a ciò che le realtà prodotte dall’organismo sono poi dinamiche poiché continuamente modificate dal suo fare in un percorso storico ch’è solo suo (ma senza dimenticare che questo percorso è socialmente condiviso con la popolazione cui appartiene), tanto che la reattività epigenetica dell’organismo all’ambiente esterno si lega alla selezione naturale della specie come concausa fenotipica d’una evoluzione adattiva (seppure questo fenotipo, che agisce entro una data biocenosi, v. supra, e con un ventaglio comportamentale prestabilito nei suoi limiti dal genotipo, debba sempre essere valutato tenendo conto del fatto ch’è poi la popolazione che s’evolve); ora, riprendendo le fila, si può sostenere che i rapporti fra geni, organismo e ambiente sono relazioni reciproche in cui tutti e tre gli elementi sono sia cause che effetti; i geni e gli ambienti sono entrambi cause degli organismi che, a loro volta sono cause degli ambienti, così che i geni diventano anch’essi cause degli ambienti mediate dagli organismi, dinamica evolutiva che è formalmente rappresentata da due equazioni differenziali nel tempo da leggersi accoppiate, in parallelo, e dove il termine d rappresenta il differenziale, t il tempo (e dt il differenziale nel tempo), O l’organismo (e dO il differenziale nell’organismo), E l’ambiente (e dE il differenziale nell’ambiente, dove la E è l’iniziale di environment, ambiente in inglese), f e g le funzioni:

(1)   dE/dt = f (O, E)
(2)   dO/dt = g (O, E)

dove con l’equazione (1) si dice che le modificazioni dell’ambiente nel corso del tempo sono funzione sia dello stato dell’organismo in quel momento che delle variabili ambientali e con l’equazione (2) s’afferma che le modificazioni dell’organismo sono funzioni sia dello stato dell’organismo in quel momento che dell’ambiente, come affermare, ma solo se le si legge accoppiate, che la storia dell’organismo e dell’ambiente sono funzioni sia degli organismi che dell’ambiente, ossia che le equazioni (1) e (2) sono inscindibili in quanto descrivono una coevoluzione di organismo e ambiente in cui entrambi sono sia causa che effetto (e dove la modificazione dell’ambiente rimanda a un meccanismo di causalità endogena, reciproco alla selezione naturale nel processo evolutivo), cui s’aggiunga il fatto che se dei piccoli cambiamenti nell’ambiente portano a dei piccoli cambiamenti nell’organismo che, a loro volta, portano dei piccoli cambiamenti nell’ambiente, allora vuol dire che questa coevoluzione presenta la caratteristica d’essere topologicamente continua; ora, generalizzando, e senza entrare nello specifico, si può affermare che:

1.     gli organismi determinano l’effettiva natura fisica dei segnali provenienti dall’esterno per il tramite d’un filtro di trasformazione creato dalla biologia specifica della specie, cioè per il tramite d’una trasduzione (v. supra) il cui risultato è percepito dalle funzioni dell’organismo come una variabile ambientale incorporata nelle loro reazioni;
2.     gli organismi determinano pertanto quali elementi del mondo fisico esterno vanno a costituire il loro ambiente;
3.     determinando gli aspetti del mondo esterno rilevanti per la loro forma e il loro metabolismo, gli organismi costruiscono attivamente il mondo che li circonda;
4.     gli organismi e l’ambiente costituiscono un sistema aperto in cui la frontiera tra l’interno e l’esterno e fortemente permeabile, ciò che permette il passaggio di materia e energia dall’esterno all’interno e dall’interno all’esterno;
5.     gli organismi alterano continuamente il loro ambiente, questo perché i sistemi viventi (in quanto sistemi aperti a elevata eterogeneità interna) trasformano i materiali per assorbire energia in una forma e la restituiscono in una forma diversa che, a sua volta, è oggetto di consumo per un’altra specie (aspetto produttivo dei processi vitali);
6.     gli organismi alterano non solo il proprio ambiente (rimodellandolo), ma anche gli ambienti di altre specie in un modo che coinvolge la sopravvivenza della propria e delle altrui specie, cioè organismi e ambienti coevolvono;
7.     la distribuzione geografica, temporale e storica delle specie non è comprensibile se l’ambiente viene visto come una proprietà della regione fisica e non come uno spazio definito dall’attività degli stessi organismi;
8.     una nicchia vuota non può esistere in quanto una nicchia non preesiste agli organismi, ma si forma in conseguenza della biologia specifica degli organismi stessi;
9.     una nicchia è pertanto data dai rapporti tra gli elementi che sono rilevanti per l’organismo;
10.  la vita, nel suo complesso, s’evolve in condizioni esterne che dipendono dal trascorso storico di coevoluzione delle attività biologiche degli organismi e degli ambienti (per esempio, si pensi solo al contributo dei cianobatteri che hanno immesso, in milioni e milioni di anni di fotosintesi, l’ossigeno molecolare nell’atmosfera terrestre poi utilizzato dagli organismi aerobi, v. supra);

ora, entrando nel dettaglio, del concetto di nicchia ecologica s’è già parlato diffusamente in precedenza (e se ne parlerà ancora a seguire), qui se ne riassumono le caratteristiche affermando che una nicchia, ch’è tale solo data una popolazione che la occupa, è composta da un insieme di variabili continue/discontinue che vanno dall’occupazione d’uno spazio fisico (o nicchia spaziale, data dall’habitat ricoperto e dalle sue caratteristiche abiotiche date dalle sostanze inorganiche e organiche presenti, quali i fattori fisici e chimici dell’ambiente, compresi la natura del suolo, le condizioni climatiche, le caratteristiche geografiche etc. ai cui parametri l’organismo deve rispondere); dalla tipologia e dal volume delle risorse trofiche necessarie al mantenimento in essere della popolazione (o nicchia trofica); dal comportamento assunto dagli organismi della popolazione all’interno della nicchia spaziale e trofica, per esempio, le modalità di spostamento o la ciclicità delle attività giornaliere o stagionali che indicano l’utilizzo delle risorse dell’habitat in cui questi vivono e il ruolo e le funzioni specie-specifiche (intraspecie, quali competizione, socialità, riproduzione etc., ed extraspecie, quali predazione, parassitismo etc.) che questi organismi realizzano nell’ecosistema dato, compreso il grado di tolleranza a un mutamento delle citate variabili entro parametri critici (cioè da quelle che si possono definire, date le variabili abiotiche, come le modalità biotiche che permettono la sopravvivenza e la riproduzione); detto questo, conformemente alle premesse sopra illustrate, anche la teoria della costruzione di nicchia afferma che l’adattamento a un ambiente mostrato da una popolazione rimanda a un processo dove gli organismi che questa popolazione la compongono, modificando l’ambiente esterno (preesistente) che occupano, danno forma alla propria nicchia ecologica, cioè costruiscono le variabili (le condizioni di possibilità) che permettono la fitness che li mantiene in essere in un arco temporale dato e ne permette la riproduzione, dunque che l’adattamento non è qui visto solo come un processo d’adeguamento alle richieste dell’ambiente (stando almeno alla versione dominante del concetto d’adattamento), cioè come un processo in cui la popolazione presenta un ruolo passivo (e dove dell’adeguamento gestito dalla popolazione si fa garante la selezione naturale), ma come un processo in cui questa è dinamica, reattiva, e in cui la selezione è in qualche modo complice d’una determinazione invece che essere solo determinante, ossia ch’essa non è un adattamento asimmetrico, ma una regolazione simmetrica, in virtù del quale la selezione porta a cambiamenti con il trascorrere del tempo negli organismi nel mentre gli organismi introducono cambiamenti nel loro ambiente al fine di promuovere un’ulteriore selezione; infatti, come s’è precedentemente cercato di mostrare, grazie alla loro reattività fenotipica gli organismi coevolvono topologicamente con il loro ambiente in quanto l’ambiente non cambia in modo autonomo rispetto agli organismi poiché questi lo modificano continuamente, cioè concorrono a costruire la loro nicchia agendo e sulle autonomie relative delle comunità biotiche presenti e sui fattori abiotici e, fatti sempre salvi i vincoli esercitati dall’azione delle variabili biotiche e abiotiche che sono sempre vissute cercando di tamponarne la variabilità (quelle abiotiche, per esempio, per rendere la temperatura, l’umidità, l’esposizione al vento o alla luce del Sole più uniformi etc., ovviamente fatti salvi quei processi ambientali che in improvvisa autonomia disturbano la nicchia d’un organismo), gli organismi non sopravvivono perché s’adattano a dei cambiamenti avvenuti autonomamente dal loro intervento, ma perché, grazie alla loro reattività, essi sono a un tempo e oggetto e soggetto dell’evoluzione; soggetto (tra soggetti) in quanto valorizzato come appartenente a una popolazione che, come tale, sarà in grado di modificare le dinamiche ecologiche che arriveranno, in funzione di feedback, ad alterare anche la pressione selettiva, cioè quanto sta alla base del meccanismo selettivo che lo ha prodotto come oggetto (e come lui, che ha reso oggetto anche la parte restante della popolazione); il tutto secondo un meccanismo coevolutivo che farà sì, per il tramite d’un doppio dispositivo deterministico dell’ereditarietà (tanto genetica quanto di costruzione di nicchia), che la seconda generazione, e quelle a seguire, troveranno un ambiente che sarà via via meglio adattato alle esigenze degli organismi nel susseguirsi delle popolazioni, ovviamente fatto salvo il fatto che gli effetti dell’ereditarietà della costruzione di nicchia persistano e possano coevolvere con la popolazione per un numero congruente di generazioni; la figura seguente illustra il doppio dispositivo deterministico dell’ereditarietà, cioè che l’organismo può essere prodotto dalla coevoluzione tra da due processi, e mostra che ogni organismo (O) in qualsiasi punto del tempo (t, t+1, t+2, t+3, t+4) è descritto da una serie di tratti distintivi, per esempio, uno stile di vita arboreo, una dieta frugivora o onnivora etc., rappresentati da una serie di lettere minuscole (c, n, h, k, q, j) rinchiuse verticalmente in una cornice, lo stesso che l’ambiente nel quale l’organismo vive (environment, E) scomposto in una serie di tratti, per esempio, la temperatura locale, la piovosità o la presenza di un predatore etc., qui rappresentati da lettere maiuscole (A, B, N, H, K, Q, Z, L), sempre presenti in ordine verticale, ma senza cornice, e posti parallelamente alle lettere minuscole; un organismo adattato al suo ambiente corrisponde poi ad un insieme sommatorio di tratti dell’organismo e di tratti del suo ambiente, rappresentati da un abbinamento di una lettera minuscola con una lettera maiuscola; la linea del tempo (time) mostra poi le modificazioni intervenute negli accoppiamenti dei tratti (cioè le varie modalità d’adattamento):


Figura n.  . Fonte: Odling-Smee, Laland e Feldman, 2003, p. 49.

Guardano la figura si nota che, a un tempo t, l’organismo O(t) è ben adattato al suo ambiente E(t) in base al livello di funzionalità delle corrispondenze tra i tratti (n-N, h-H, k-K, q-Q), ma anche che ci sono alcuni non coincidenze o disallineamenti (c-B, j-Z); al tempo t+1, come conseguenza dell’azione di selezione naturale (Natural selection) all’interno della popolazione, la competizione è stata migliorata attraverso la selezione degli organismi O(t+1) con il tratto z, e questo a scapito di quelli con il tratto j; al tempo t+2 la competizione è stata migliorata con il ricorso a una costruzione di nicchia (positiva; Positive niche construction), tanto che l’organismo O(t+2), modificando il fattore ambientale B e producendolo come fattore C, genera l’allineamento c-C, per esempio,
i lombrichi comuni (Lumbricus terrestris, che presentano l’anatomia e la fisiologia degli animali che vivono in un habitat d’acqua dolce, ma vivono nel suolo) sono in grado di sopravvivere modificando il terreno (B) per soddisfare la loro fisiologia, e per questo scelgono un orizzonte ottimale del suolo in cui scavano cunicoli, ingoiano terra (geofagia) che triturano e che espellono, insieme ai detriti vegetali ingeriti e alle secrezioni intestinali, all’inizio dei cunicoli creando, così, un ambiente (C) per loro ottimale rispetto ai loro parametri critici (v. supra); al tempo t+3, attraverso una costruzione di nicchia (negativa; Negative niche construction) l’organismo modifica il tratto N producendolo come D, ciò che genera una nuovo disallineamento n-D, per esempio, le deiezioni d’una popolazione di mammiferi scavatori (fauna ipogea) che inquinano le loro tane fino al punto in cui queste diventano inabitabili, inservibili; al tempo t +4 questo porta la selezione naturale (Natural selection) a privilegiare organismi O(t+4) con il tratto d a scapito di quelli con il tratto n, per esempio, rimanendo nell’ambito dei mammiferi scavatori, la selezione naturale favorisce ora individui che depositano le loro deiezioni in un sito, diventato latrina, ch’è lontano dalla loro tana; insieme che mostra che nel corso del tempo l’adattamento dell’organismo è il prodotto della selezione naturale (t+1, t+4) che coevolve con la costruzione di nicchia (t+2, t+3); questo processualità è schematizzata anche nella figura seguente dove, seguendo la linea del tempo (time) al tempo t esiste una presupposizione processuale reciproca tra il pool genetico (gene pool) di una popolazione di diversi fenotipi (population of diverse phenotypes) che, per il tramite della costruzione di nicchia (niche construction), risulta modificato dalla selezione naturale, tanto che la Et del tempo t lascia, al tempo t+1, un’eredità ecologica (Ecological Inheritance) a E(t+1), come mostra la freccia orientata che va da Et a E(t+1), mentre il pool genetico del tempo t lascia un’eredità genetica (Genetic Inheritance indicata con la freccia orientata) al pool genetico del tempo t+1; e dove, sempre al tempo t+1, si ripete poi il processo di presupposizione processuale reciproca tra E(t+1) e il pool genetico modificato nell’arco temporale t/t+1:



Figura n.  . Fonte: Odling-Smee, Laland e Feldman, 2003, p. 14.

La novità della Niche Construction Theory non è dunque solo nel validare la presenza d’un meccanismo coevolutivo genetico ed ecologico, ma anche nel fatto che esista un doppio dispositivo deterministico dell’ereditarietà, ciò che implica che ogni organismo d’una specie, dopo un insieme congruente di generazioni in cui la nicchia s’è assestata, deve anche ereditare una relazione iniziale che lega l’organismo alla nicchia costruita/assestata che diventa la sua, una nicchia d’avvio (o start-up niche) che include una localizzazione specifica nello spazio e nel tempo e che risente delle scelte e delle azioni di chi ha dato vita a questo organismo, cioè la detta ecological inheritance; un’eredità fatta di un ambiente selettivo modificato che l’organismo ricevente amministrerà rispondendo alle istanze ambientali, cioè alterando di nuovo l’ambiente per mantenere regolare il suo equilibrio organismo/ambiente, e con ciò creando un continuum adattivo che dura per l’intero arco della sua esistenza, un ambiente che potrà eventualmente lasciare come nicchia di partenza ai suoi eredi; infatti, gli ambienti selettivi possono persistere nel tempo grazie alla loro riparazione o ricostruzione e per un periodo di tempo superiore all’arco di vita temporale concesso ai singoli costruttori, e per questo possono continuare a regolare l’intensità dell’impatto di questi effetti su ciò che sperimenteranno le successive generazioni della stessa popolazione e, grazie alla ricaduta ambientale di questi effetti sullo stato dei suoli, dell’atmosfera, dell’acqua, del ciclo di nutrienti etc., sono da comprendere anche molte altre popolazioni presenti in una biocenosi ognuna con il proprio dispositivo d’eredità genetica ed ecologica, ragion per cui l’eredità ecologica è trasmessa in modo continuo non a un solo discendente, ma a più popolazioni d’organismi presenti in un ecosistema, dunque all’interno delle popolazioni che lo abitano e tra le loro generazioni che si susseguono in un dato arco del tempo storico, come dire che l’eredità ecologica può coinvolgere n popolazioni e non è da ridursi alla sola eredità parentale; e quale esempio d’eredità ecologica, si veda l’ambiente del castoro, là dove le dighe di sbarramento su fiumi e torrenti fatte con rami e tronchi (prodotto del lavoro dei suoi denti incisivi sulla vegetazione che ha in questa zona ripariale, fatta di rive di specchi d’acqua, il proprio habitat), sono spesso mantenute in essere, riparate e allargate, dalla comunità sociale dei castori per decenni, dunque di là dalla durata di vita d’un singolo castoro ch’è di ca. 20 anni, coinvolgendo, in questo, le comunità degli altri organismi presenti, animali, piante insetti, microrganismi, che vivono in un ambiente non neutro, ma modificato dal castoro; oppure si veda l’ambiente d’una tèrmite, Isoptera, dove un termitaio, cioè un unico sistema di cumulo, spesso alto fino a 9 metri e costruito con terra e legno masticati e impastati, può durare per molteplici generazioni di termiti in comunità che possono essere centenarie; o, ancora, l’attività dei già citati lombrichi i cui cambiamenti prodotti nel terreno possono durare per molte generazioni modificando il suolo e il nutrimento delle piante e, conseguentemente, il destino di chi se ne nutre etc.; così come il doppio dispositivo deterministico dell’ereditarietà implica il fatto che, data la citata coevoluzione, la costruzione di nicchia è leggibile anche come un processo evolutivo fondante e a sé stante, questo s’è vero, lo si ripete, che buona parte delle pressioni selettive a cui sono esposte le popolazioni esistenti sono anche a causa delle precedenti attività di costruzione di nicchia da parte delle popolazioni storicamente passate, ossia che la costruzione di nicchia, piuttosto che il semplice prodotto finale d’una coevoluzione precedente che si ferma al fermarsi dell’attività storica d’un organismo, cioè stando a un ciclo che si blocca alla morte individuale dell’organismo (come le premesse sopra esposte possono sottendere), deve essere valutata come una nicchia che, se persiste, sorpassa storicamente l’individuo sotto la forma dei lasciti transgenerazionali d’una pressione selettiva che ha già cominciato a modificarsi, una successione ecologica che rientra nella logica d’un ciclo che si presenta come promotore del cambiamento evolutivo nel mentre attraversa le generazioni (ciclo in cui la costruzione della nicchia dirige, regola e limita l’azione della selezione modificando gli stati ambientali che saranno sperimentati dagli eredi ecologici in fase di crescita, come mostrano, per esempio, quegli organismi che costruiscono gli ambienti di sviluppo per la loro prole fornendo cibo e riparo); volendo, il concetto di funzione di nicchia di una popolazione, o N(t), può essere così formalizzato (dove il termine N rappresenta la nicchia, t il tempo, h la funzione, O una popolazione di organismi, E l’ambiente):

(3)   N(t) = h (O, E)


equazione che può leggersi come rappresentazione della nicchia N d’una popolazione d’organismi O al tempo t in un ambiente E; equazione dove le dinamiche transgenerazionali di nicchia sono dunque generalizzate valorizzando l’interazione tra l’organismo e l’ambiente già presente nelle equazioni differenziali (1) e (2) di cui s’è detto in precedenza; e ora, giacché la NTC prevede anche la migrazione/dispersione di organismi che si spostano nello spazio, cioè che si trasferiscono in nuovi ambienti (delocalizzazione) dove devono sperimentare altre condizioni, si pensi alla portata dell’affermazione sulle dinamiche transgenerazionali di nicchia se oggetto di studio diventa il genere Homo, là dove tutto il suo vissuto è fenomeno leggibile anche come effetto di una costruzione di nicchia transgenerazionale che si basa sulle dinamiche esperienziali di delocalizzazione e domesticazione dell’ambiente (v. supra) da parte d’una collettività d’organismi guidata dal cervello sociale (di cui s’è parlato diffusamente sopra e che sarà definito a seguire); questo dato che, s’è vero che le informazioni e i comportamenti acquisiti dagli organismi attraverso processi ontogenetici non possono essere ereditati in quanto si perdono dopo la loro morte, processi come l’appreso dai suoi discendenti in un contesto sociale possono essere di notevole importanza per la generazione presente (trasmissione orizzontale) e quelle successive (trasmissione verticale) giacché il dispositivo dell’ereditarietà ecologica può permettere al cervello sociale di valutare e controllare i parametri critici della costruzione di nicchia (intesi questi come tutto ciò che può ridurre l’incertezza negli ambienti selettivi rispetto agli interessi manifestati dagli organismi riguardo alla loro fitness, cioè controllando il ventaglio degli ambienti di sviluppo cui possono essere esposti gli eredi), con la clausola che l’appreso dalla collettività d’organismi sia poi inteso in termini di flussi di conoscenze, comportamenti e pratiche acquisite; un insieme, dunque, ch’è veicolato da un cervello sociale in un processo di sociogenesi ininterrotta che, come mostra l’iter del genere Homo, implica dei cambiamenti tanto nel trasferimento transgenerazionale dell’ereditarietà ecologica quanto nella loro stabilizzazione (selettiva) storicamente data e determinata; e in special modo nel momento in cui la costruzione di nicchia gli permette di persistere, cioè di sussistere e riprodursi, nelle condizioni ambientali frammentate, instabili e ostative, ossia inospitali e proprie al vissuto di domesticazione dell’ambiente da parte del genere Homo (v. per esempio, supra, l’effetto di tamponamento, o buffering), condizioni d’antropizzazione che come si vedrà creano poi le premesse per la domesticazione e la colonizzazione dell’intero pianeta da parte di Homo sapiens; senza però dimenticare che questo dato di fatto, cioè che l’ereditarietà ecologica influenza fortemente le dinamiche evolutive, vale tanto per il genere Homo quanto per le centinaia di specie sociali di mammiferi, uccelli e pesci in cui la capacità d’interagire con l’ambiente, grazie al detto dispositivo di conoscenza e comportamento acquisito promosso dall’ingegneria ecologica, non è una capacità ch’è garantita dalla presenza di geni selezionati dall’evoluzione; o, detto altrimenti, è sempre sottinteso che questo dispositivo d’ereditarietà ecologica rappresenta un’eredità extragenetica che allarga il concetto stesso d’ereditarietà di là dalla genetica di trasmissione, ciò che sottolinea, in generale, come non tutto lo sviluppo sia sotto stretto controllo genetico (e sempre fatta salva la causalità reciproca e ricorsiva tra eredità ecologica e eredità genetica); ora, l’appreso dalla citata collettività d’organismi rimanda a quello che qui s’intende con il termine cultura, termine ombrello di difficile esplicitazione semantica a causa del suo uso polisemico (o, volendo, del suo uso come concetto passe-partout che difficilmente trova unanime consenso), che qui s’adotta nella sua valenza di strumento di trasmissione e modellamento sociale grazie al quale il genere Homo ha potuto costruire le sue nicchie in grado di modificare l’ambiente abiotico e biotico degli ecosistemi a suo vantaggio (e con ricadute evolutive anche per piante e animali, che sfociano infine nella selezione artificiale; per esempio, v., infra, la loro domesticazione) e che possiamo tradurre, come sopra accennato, attraverso il ricorso ai flussi di conoscenze, di comportamenti e di pratiche acquisite trasmesse con lo stoccaggio delle memorie e delle competenze nei cervelli e con la loro esplicitazione attraverso il linguaggio o l’imitazione o con altri modalità d’apprendimento sociale (o social learning), oppure con altri strumenti e metodi d’immagazzinamento esterno della memoria (v. infra), tratti che possono essere indicizzati grazie al tasso di sviluppo economico e sociale; questo, in dettaglio, ricorrendo alla tipologia delle risorse utilizzate, ai mezzi di produzione utilizzati per trasformarle in prodotto (e, a seguire, a distribuirlo per il consumo) e dai rapporti sociali che si creano nella collettività in riferimento alle possibilità di sfruttamento delle risorse offerte dallo stato dei mezzi di produzione e dall’accesso al consumo dei prodotti; un insieme, come vedremo a seguire, che basandosi sulla produzione materiale include anche l’organizzazione degli stati mentali (epistemici o meno che siano, e là dove l’episteme riguarda l’indagine razionale del percepito), l’intrecciarsi dei vissuti emotivi (prosociali) e dei vincoli paradigmatici che i sistemi delle credenze e i sistemi valoriali, insomma i sistemi legati allo stato delle forze produttive e delle visioni del mondo (o Weltanschauungen), stabiliscono e plasmano all’interno delle collettività proiettate verso la loro riproduzione sociale in fase d’assestamento o di stabilizzazione e altro ancora; con la clausola, ritornando alla costruzione di nicchia, che il serbatoio dell’appreso transgenerazionale (o eredità culturale, cultural inheritance) è poi da intendersi come una componente dell’eredità ecologica, un suo sottoinsieme che può essere definito come costruzione d’una nicchia culturale (cultural niche construction) o, detto altrimenti, che l’eredità non è tripla (genetica, ecologica e culturale), ma duale (genetica e ecologica) essendo la costruzione della nicchia culturale solo una componente, sia pur molto pervasiva nell’antropizzazione dell’ambiente, dell’eredità ecologica (o, detto altrimenti, non tutta la costruzione della nicchia umana è costruzione della nicchia culturale, e non tutta l’eredità ecologica umana è eredità culturale); e a proposito della pervasività di questo tratto della costruzione culturale, e fatto salvo il caso che l’eredità ecologica possa implicare un processo culturale senza alcuna ricaduta genetica, si presenta il problema della coevoluzione dell’eredità genetica umana che si combina con l’eredità culturale (o coevoluzione gene-cultura, detta anche teoria dell’eredità duale, o Dual inheritance theory, DIT), il tutto come un effetto endogeno della costruzione di nicchia che potrebbe influenzare la selezione naturale dei geni nel genere Homo, selezione che, a sua volta, potrebbe a volte poi influenzare l’espressione dei processi culturali e l’antropizzazione dell’ambiente.

Bibliografia utilizzata per il volume primo

BIBLIOGRAFIA UTILIZZATA (1)

“A million years later, I feel like apologizing for the human race. That’s all I can say.”
Kurt Vonnegut, Galàpagos, cap. 16.


ACOT, Pascal
2004                Storia del clima. Dal Big Bang alle catastrofi climatiche, Donzelli, Roma (ed. or.
                        Histoire du climat. Du Big Bang aux catastrophes climatiques, Perrin, Paris 2003).

AIELLO, Leslie C., WHEELER, Peter
1995                The Expensive-Tissue Hypothesis: The Brain and the Digestive System in Human and Primate Evolution, in “Current Anthropology”, vol. 36, n. 2, April, pp. 199-221.

ALTSCHULER, Daniel R.
2005                L’universo e l’origine della vita, Mondadori, Milano (ed. or. Children of the Stars:
Our Origin, Evolution, and Destiny, Cambridge University Press, Cambridge, 2002).

ANTHONY, David, TELEGIN, Dimitri Y. e BROWN Dorcas
1992                La domesticazione del cavallo da sella, in “Le Scienze”, n. 282, pp. 48-55, Dicembre.

ARJAMAA, Olli, VUORISALO, Timo
2010                Geni, cultura e dieta, in “Le Scienze”, n. 503, pp. 64-73, Luglio.

ASTORI, Luca et alii
2010                Atlante di astronomia, De Agostini, Novara.

AZZAROLI, Augusto
1972                Origine e storia del cavallo domestico, in “Le Scienze”, n. ?, pp. 108-115, Dicembre.

BALZANI, Vincenzo, VENTURI, Margherita
2014                Energia, risorse, ambiente, Zanichelli, Bologna.

BARROW, John D.
1995                L’origine dell’Universo, Sansoni, Firenze (ed. or. The Origin of the Universe, Orion, London, 1994).

BARTON, Robert A., VENDITTI, Chris
2014                Rapid Evolution of the Cerebellum in Humans and Other Great Apes, in “Current
                        Biology”, n. 24, October, pp. 2440–2444.

BRAMBLE, Dennis M. e LIEBERMAN, Daniel E.
2004                Endurance running and the evolution of Homo, in “Nature”, vol. 432, November, pp. 345-352.

BRAVO, Giangiacomo
2009                Alle radici dello sviluppo insostenibile. Un’analisi degli effetti ambientali di società,
                        istituzioni ed economia, Aracne, Roma

BUFFETAUT, Eric
1993                Grandi estinzioni e crisi biologiche, Jaca Book, Milano.

CALISSANO, Pietro
1992                Neuroni. Mente ed evoluzione, Garzanti, Milano.

CAMPBELL Neil A., REECE Jane B., SIMON Eric J.
2008                L’essenziale di biologia, Pearson, Milano (ed. or. Essential Biology, Pearson
                        Education, [?], 2007)

CAVALLI-SFORZA, Luigi Luca
1996                Geni, popoli e lingue, Adelphi, Milano (ed. or. Gènes, peuples et langues, Odile
                        Jacob, Paris, 1996).

CAVALLI-SFORZA, Luigi Luca e CAVALLI-SFORZA, Francesco
2010a              Vita in evoluzione, Einaudi, Torino.
2010b              Pianeta in evoluzione, Einaudi, Torino.


CLAK, Stuart
2012                Le grandi domande. Universo, Dedalo, Bari (ed. or. The Big Question: The
                        Universe, Quercus, London, 2010).

CORDAIN, LorenBRAND MILLER, JanetteEATON, Boyd S.MANN, NeilHOLT, Susanne H.A. e SPETH, John D.
2000                Plant-animal subsistence ratios and macronutrient energy estimations in worldwide hunter-gatherer diets, in “American Society for Clinical Nutrition”, vol. 71, n. 3, March, pp. 682-692.

DESALLE, Rob, TATTERSALL, Ian
2013                Il cervello. Istruzioni per l’uso, Codice, Torino (ed. or. The Brain. Big Bangs, Behavior, and Beliefs, Yale University Press, London, 2012)

DIAMOND, Jared
2006                Il terzo scimpanzé. Ascesa e caduta del primate Homo sapiens, Bollati Boringhieri,
                        Torino (ed. or. The rise and Fall of the Third Chimpanzee, Radius Random Century
                        Group, London, 1991).

DUNBAR, Robin I. M.
1998                The social brain hypothesis, in “Evolutionary Anthropology”, Volume 6, Issue 5, pp. 178–190.

DUNBAR, Robin
2011                Di quanti amici abbiamo bisogno? Frivolezze e curiosità evoluzionistiche, Cortina, Milano (ed. or. How Many Friends Does One Person Need? Dumbar’s Number and Other Evolutionary Quirks, Faber & Faber, London, 2010)

DUNBAR, Robin I.M., SHULTZ, Susanne
2007                Understanding Primate Brain Evolution, in “Philosophical Transactions of the Royal Society of London, B”, 362, pp. 649-658.

DUNBAR, Robin, BARRET, Louise e LYCETT, John
2012                L’evoluzione del cervello sociale, Espress edizioni, Milano (ed. or. Evolutionary Psychology: A Beginners’s Guide, Oneworld Publications, London, 2005)

EDELMAN, Gerald M.
1993                Sulla materia della mente, Adelphi, Milano (ed. or. Bright Air, Brilliant Fire. On the Matter of the Mind, Basic Book, New York, 1992)

CRETCHMER, Norman
1973                Lattosio e lattasi, in “Le Scienze”, n. 53, pp. 8-16, Gennaio.

DELWICHE, Constant Collin
1070                Il ciclo dell’azoto, in “Le Scienze”, n. 28, pp. 94-103, Dicembre.


HARE, Brian e WOODS, Vanessa
2013                Gli manca solo la parola, Sperling & Kupfer, Milano (ed. or. The Genius of Dogs: How Dogs Are Smarter Than You Think, Plume, New York, 2013).

HARRIS, Marvin
1990                Buono da mangiare. Enigmi del gusto e consuetudini alimentari, Einaudi, Torino
(ed. or. Good to eat. Riddles of Food and Culture, Simon and Schuster, New York
2005)

HAUB, Carl
2005                How Many People Have Ever Lived on Earth?, in “Population Today”, February, p.
                        5.
HERNANDEZ-AGUILAR, Adriana R., MOORE, Jim e PICKERING, Travis Rayne
2007                Savanna chimpanzees use tools to harvest the underground storage organs of plants, in “PNAS” (= “Proceedings of the National Academy of Sciences”), vol. 104, no. 49, December, pp. 19210–19213

HERRMANN, Joachim
1975                Atlante di astronomia, Mondadori, Milano (ed. or. Atlas zur Astronomie, Deutscher
                        Taschenbuch Verlag, München, 1973)


JABLONSKI, Nina G., CHAPLIN, George
2002                Il colore della pelle, in “Le Scienze”, n. 412, pp. 58-65, Dicembre.


KRAFFT, Maurice
1993                I vulcani. Il fuoco della terra, Electa/Gallimard, Torino (ed. or. Les feux de la Terre.
                        Histoires de volcans, Gallimard, Paris, 1991).

KRING, David A., DURDA, Daniel D.
2014                Il giorno che la Terra prese fuoco, in AA. VV., L’era dei dinosauri. I giganti che
                        dominarono il mondo, Le Scienze, Roma, pp. 126-135.

LADENA, Greg, WRANGHAM, Richard
2005                The rise of the hominids as an adaptive shift in fallback foods: Plant (USOs) and australopith origins, in “Journal of Human Evolution”, Volume 49, Issue 4, October, pp. 482–498

LEONARD, William R.
2003                Cibo per pensare, in “Le Scienze”, n. 413, pp. 66-74, Gennaio.

LEROI-GOURHAN, André
1977                Il gesto e la parola, 2 voll., Einaudi, Torino (ed. or. Le geste et la parole, 2 voll.,
                        Albin Michel, Paris, ?).

LIEBERMAN, Daniel E., RAICHLEN, David A., PONTZER, Herman, BRAMBILLA, Dennis M. e CUTRIGHT-SMITH, Elizabeth
2006                The human gluteus maximus and its role in running, in “Journal of Experimental Biology”, 209, pp. 2143-2155.

LIEBERMAN, Daniel E.
2011                The evolution of the human head, Harvard University Press, Cambridge

LIEBERMAN, Daniel E.
2014                La storia del corpo umano. Evoluzione, salute e malattia, Codice, Torino (ed. or. The story of the Human Body. Evolution, Health, and Disease, Pantheon, New York, 2013)

LIVI BACCI, Massimo
1987                Popolazione e alimentazione. Saggio sulla storia demografica europea, il Mulino, Bologna.

LUPIA PALMIERI, Elvidio, PAROTTO, Maurizio
2009                Il globo terrestre e la sua evoluzione, Zanichelli, Bologna.


MACDOUGALL, Douglas J.
1999                Storia della Terra, Einaudi, Torino (ed. or. A Short History of Planet Earth, Wiley &
                        Sons, New York, 1996 [controllare])

MAGGIO, Mauro, PINI, Loretta
1987                Manuale pratico di alimentazione, Gammalibri-Kaos, Milano

MARSHALL, Andrew J., WRANGHAM, Richard W.
2007                Evolutionary Consequences of Fallback Foods, in “International Journal of Primatology”, Volume 28, Issue 6, December, pp 1219-1235.

MASSA, Marco e CAMASSI, Romano
2013                I terremoti, il Mulino, Bologna.

MASSETI, Marco
2008                Uomini e (non solo) topi. Gli animali domestici e la fauna antropocora, Firenze University Press, Firenze.

MATTELLI, Massimo e UMILTÀ Carlo
2007                Il cervello, il Mulino, Bologna.


MCGUIRE, Bill
2003                Guida alla fine del mondo. Tutto quello che non avreste mai voluto sapere, Cortina,
                        Milano (ed. or. A Guide to the End of the World: Everything You Never Wanted To
                        Know, Oxford University Press, London, 2002)

MILLER, Daniel J., DUKA, Tetyana, STIMPSON, Cheryl D., SCHAPIRO, Steven J., BAZE, Wallace B., MCARTHUR, Mark J., FOBBS, Archibald J., SOUSA, André M. M., ŠESTAN, Nenad, WILDMAN, Derek E., LIPOVICH, Leonard, KUZAWA, Christopher W., HOF, Patrick R. e SHERWOOD, Chet C.
2012                Prolonged myelination in human neocortical evolution, in “PNAS”, October, vol. 109, no. 41, pp. 16 480-16 485.

MILTON, Katharine
2000                Hunter-gatherer diets - a different perspective, in “American Society for Clinical Nutrition”, vol. 71, n. 3, March, pp. 665-667.

O’SHEA, Michael
2012                Il cervello, Codice, Torino (ed. or. The Brain: A Very Short Introduction, Oxford University Press, London, 2002)

PARKER, Steve
2008                Corpo umano, Mondadori, Milano (ed. or. The Human Body, Dorling Kindersley,
                        London, 2007).

PADOA, Emanuele,
1971                Storia della vita sulla Terra. L’evoluzione degli animali e delle piante, Feltrinelli, Milano.

PADOVANI Laura Maria et alii,
2009                Biodiversità. Risorse per lo sviluppo, ENEA.


PIEVANI, Telmo
2012                Homo sapiens. Il cammino dell’umanità, De Agostini, Novara.

POLTICELLI, Claudio
2003                Storia del pianeta Terra, Alpha Test, Milano.

POTTS, Richard, 
1998                Environmental Hypotheses of Hominin Evolution, in “Yearbook of Physical Anthropology”, n. 41, pp. 93–136.

RÈMÉSY, Christian
1994                Alimentazione e salute, il Saggiatore, Milano (ed. or. Alimentation et santé,
                        Flammarion, Paris 1994).

ROACH, Neil T., VENKADESAN, Madhusudhan, RAINBOW, Michael J. e LIEBERMAN, Daniel E.
2013                Elastic energy storage in the shoulder and the evolution of high-speed throwing in Homo, in “Nature”, 498, June, pp. 483–486.

ROSENFIELD, Israel
1989                L’invenzione della memoria, Rizzoli, Milano (ed. or. The Invention of Memory, Basic Books, New York, 1988)

ROTH, Gerhard
2002                Cervello, in Wulf, Christoph (ed.), Le idee dell’antropologia, 2 voll., Bruno Mondadori, Milano, pp. 427-437 (ed. or. Wulf, Christoph (ed.), Vom Menschen. Handbuch Historische Anthropologie, 2 voll., Beltz Verlag, Weinheim und Basel, 1997).

ROTHENBERG, Robert E.
2005                Enciclopedia della medicina, Garzanti, Milano (ed. or. riadattata, The new illustrated
medical encyclopedia for home use: A pratical guide to good health, Revised & enlarged edition, Abradale Press, New York 1978).

RUDDIMAN, William R.
2005                Quando iniziammo ad alterare il clima, in “Le Scienze”, n. 441, pp. 46-52, Maggio.

SALZA, Alberto (ed.)
1986                Evoluzione dell’uomo, Giunti Marzocco, Firenze.

SALZA, Alberto
1999 a             Nel mondo dei primi uomini, Giunti, Firenze.
1999b              Ominidi. Uomini e ambienti tre milioni di anni fa. Nuove scoperte, Giunti, Firenze.

SARACENO, Paolo
2007                Il caso Terra. L’origine del nostro pianeta e la ricerca della vita nell’universo, Mursia, Milano.

SARDELLA, Raffaele
2009                Storia della vita sulla Terra, il Mulino, Bologna.
2011                L’era glaciale, il Mulino, Bologna.

SMOLIK, Hans-Wilhelm
1979                Enciclopedia illustrata degli animali, Feltrinelli, Milano (ed. or. Das Groẞe
                        Illustrierte Tierbuch, Bertelsmann Lexicon-Verlag Reinhar-Mohn, Gütersloh, 1970).

SOCKOL, Michael D., RAICHLEN, David A., PONTZER, Herman
2007                Chimpanzee locomotor energetics and the origin of human bipedalism, in “PNAS”, July, vol. 104, no. 30, pp. 12265–12269.

STANLEY H. Ambrose,
1998                Late Pleistocene human population bottlenecks, volcanic winter, and
                        differentiation of modern humans, in “Journal of Human Evolution”, 34, pp. 623-
651.

TATTERSALL, Ian
1997                Le migrazioni degli ominidi, in “Le Scienze”, n. 346, pp. 88-95, Giugno.
2013                I signori del pianeta. La ricerca delle origini dell’uomo, Codice, Torino (ed. or.
                        Master of the planet. The Search for Our Human Origins, Palgrave Macmillan, […]
                        2013).

THORPE, Susannah K. S., HOLDER, R. [Roger?] L., CROMPTON, Robin H.  
2007                Origin of Human Bipedalism As an Adaptation for Locomotion on Flexible Branches, in “Science”, June, Vol. 316, no. 5829, pp. 1328-1331.

TREMBLAY, Marie-Ève, STEVENS, Beth, SIERRA, Amanda, WAKE, Hiroaki, BESSIS Alain, NIMMERJAHN, Axel
2011                The Role of Microglia in the Healthy Brain, “The Journal of Neuroscience”, November, 31(45), pp. 16064-16069

UMILTÀ, Carlo
2011                Il cervello, il Mulino, Bologna.

UNGAR, Peter S., GRINE, Frederick E., TEAFORD, Mark F.
2008                Dental Microwear and Diet of the Plio-Pleistocene Hominin Paranthropus boisei, PETRAGLIA, Michael, ed., in “PLoS ONE”, 3 (4): e2044.

UNGAR, Peter S. e SPONHEIMER, Matt
2011                The Diets of Early Hominins, in “Science”, vol. 334, no. 6053, October, pp. 190-193. 

VAN ANDEL, Tjeerd H.
1988                Storia della Terra, Boringhieri, Torino (ed. or. New Views on an Old Planet.
                        Continental Drift and the History of Earth, Cambridge University Press, Cambridge,
                        1985).

ZIHLMAN, Adrienne
1984                Un’antenata un po’ scimmia, in “Sapere”, n. 10. Ottobre, pp. 12-18.

ZUNINO, Mario e ZULLINI Aldo

2014                Biogeografia. La dimensione spaziale dell’evoluzione, C.E.A., Milano.