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PREMESSA

Per le durate geologiche i tempi del processo d’ominazione e gli ultimi 13 000 anni, soprattutto, non sono nulla o quasi, ma è in quest’intervallo di tempo che data a partire dai 7 e i 5 milioni d’anni fa che si presentano le discordanze genetiche con i Pòngidi che sono di premessa ai processi evolutivi che hanno condotto e alla preistoria e alla storia di Homo sapiens, e, per quanto presuntuosa sia l’affermazione, per quanto irriguardosa delle fatiche effettive e dell’acribìa del lavoro dello storico, fare ricerche di storia senza valutare ciò che precede la preistoria, e trattare di preistoria senza valutare la pervasività e l’irriducibilità della storia della natura, credo sia interessarsi a una processualità cumulativa ch’investe solo le cause prossime e non la materialità di quelle remote che ne sono, di fatto, il motore. Ed è qui convinzione che, per quanto pertiene a questa materialità, uno dei fattori più importanti da prendere in carico quando s’affronta un percorso storico sia quello che riguarda che cosa nell’esserci dell’esistenza permette (e come il tutto sia poi permesso) a una popolazione di Homo sapiens d’avere una qualsivoglia strutturazione economica e sociale, con tutto quello che fatalmente ne consegue a livello del sentire e del credere. Fattore da reperire (purtroppo in modo assiomatico) nel fatto che tutti gli organismi, uomo compreso, competono pena la morte per l’accesso alle risorse (cioè all’energia) partecipando alla catena alimentare quale interfaccia plurima della geosfera, come dire che l’ambiente (e, con esso, l’evoluzione) è il fattore primario da prendere in considerazione. Una comunità d’organismi viventi, umana, per esempio, oltre che ad essere multicodificata dal punto di vista eusociale e stanziata su un territorio, dipende quindi, volta per volta, e sempre per esempio, dalle situazioni climatiche, dalla tipologia geografica dell’habitat, dalle specifiche risorse alimentari, o trofiche, che l’ecosistema rende possibili nei diversi contesti storici, dalla tecnologia storicamente data, dalla densità abitativa, dall’equilibrio tra le risorse energetiche e lo sfruttamento antropico, e che, ancora, sono molteplici e variabili, e sempre secondo il periodo storico, le possibilità date di competizione fra gl’individui, cioè le possibilità d’accesso e di sfruttamento di queste risorse etc. Senza questa presa in carico la storia, infatti, sarebbe avulsa dai sistemi di costrizione che la rendono, a livello d’epifenomeno, tale (e si dice qui che la storia del processo d’ominazione e dei 13 000 anni dell’Anthropocene è un epifenomeno perché essa non è altro ch’un fenomeno accessorio, o secondario, la presenza o l’assenza del quale non incide sulla spiegazione dei fenomeni indispensabili, cioè primari, che la permettono e che si potrebbero, nella logica dell’epitome, tralasciare). L’accesso alla catena alimentare storicamente data dall’ambiente a tutti gli organismi, cioè possibile e in coerenza con gli ecosistemi eusocialmente organizzati, decide dunque primariamente sulla qualità e sulle speranze di vita; e, valorizzando la questione solo per Homo sapiens, è diversificata dalle possibilità contestualmente offerte, cioè biologiche, economiche e sociali, d’accedere e sfruttare le potenzialità offerte dal cibo, e che, sino all’altezza del XIX secolo, nella media, dunque al di fuori delle differenziazioni sociali ch’entrano nella qualità della vita, è di ca. 30 anni. Bisogna poi sottolineare, sempre a questo proposito, che entrano in gioco nel bilancio storico altri elementi e il primo tra questi è il ruolo, disequilibrante o equilibrante (resiliente), giocato dalla biologia in una formazione economico-sociale, cioè dalle risorse genetiche e energetiche d’un individuo e d’una popolazione, vale a dire dalle possibilità individuali e collettive di potersi riprodurre e dall’esistenza (data una memoria immunitaria) di malattie individuali e collettive, epidemiche o pandemiche che siano, esiziali o meno (e che, tranne rari casi, non dipendono dai geni, ma dall’influenza ambientale, e, in molti altri, non dipendono neanche dall’alimentazione, per esempio, come si vedrà, la peste o il vaiuolo), e senza dimenticare le derive casuali. Dire catena alimentare vuol poi dire analizzare prima come la geosfera e la biosfera, compreso Homo sapiens, siano arrivati a essere quello che sono[1] e come si siano evoluti l’ecosistema e il suo sfruttamento energetico di tipo antropico, vale a dire il sistema di caccia e raccolta e, a seguire, quello dell’agricoltura (prima estensivo e pluviale, poi irriguo, poi intensivo etc.) e dell’allevamento (prima brado e transumante e poi stabulare, ossia praticato entro un recinto o in una stalla), e cereali, legumi e carne si siano situati, tra altre possibilità alimentari (tuberi, verdura, frutta, pesci, cacciagione etc.), alla base delle potenzialità alimentari date storicamente agli uomini[2]. E per un periodo prima plurimillenario, poi plurisecolare e poi secolare[3], almeno per l’Eurasia, che data fino all’altezza del XIX secolo. Alimentazione, riproduzione e malattie, nell’ottica del determinismo climatico e biogeografico, sono dunque i mattoni che stanno alla base, in questo percorso d’indagine su Homo sapiens, d’ogni ulteriore indagine sulle modalità produttive e di ciò che ne consegue a livello economico e sociale. Per questo, a seguire, saranno offerte nel corso dell’argomentazione informazioni di base sulla fisica e sulla chimica, sulla Terra e sull’evoluzione della vita, sull’evoluzione di Homo sapiens e sugli ecosistemi che quest’evoluzione l’hanno permessa, ossia ciò ch’è complessivamente e materialmente in gioco con la catena alimentare (alimentazione umana compresa), con la sua offerta, e con le speranze di vita determinate geneticamente e, in pari tempo, legate alla storicità dell’ambiente stesso e dell’evoluzione economica, sociale e culturale che quest’ambiente permette. Il tutto, fondamentalmente, con un’investigazione che data inizialmente come paleostorica (dove pàleo-, dal greco παλαιός, antico, fa riferimento a uno stadio originario), sarà poi da storicizzare nel prosieguo dell’analisi, cioè da legare alle modalità di riproduzione economica e sociale degli individui e delle collettività. Ossia i principali fattori di costrizione che stanno alla base dell’incremento e del decremento d’una popolazione e d’una formazione economico-sociale storicamente situata e in perpetua trasformazione, e qui compresa tra il Vicino Oriente e l’Europa centroccidentale, grosso modo tra l’Olocene e il 1850, quando sta per finire la Piccola era glaciale
(per inciso, con Anthropocene si rimanda a un termine che non è accolto né in sede storiografica, né nella Scala cronostratigrafica internazionale del tempo geologico, quella dettata dall’International Commission of Stratigraphy, ICS; il termine però si trova, almeno in certi testi, come riferito all’attività antropica presente a partire dalla Prima Rivoluzione Industriale, del XVIII secolo, cioè da quando è iniziato l’ultimo consistente aumento nell’atmosfera delle concentrazioni di diossido di carbonio, CO2, e metano, CH4, grazie al motore a vapore alimentato a carbone; in altri testi, invece, il termine è riferito alla prima detonazione d’una bomba atomica avvenuta nel test effettuato in un deserto del New Mexico nel 1945, quando questa deflagrazione, la prima d’una lunga serie, ha diffuso nell’atmosfera della Terra, quali marcatori isotopici radioattivi, il cesio 137, 137Cs e il plutonio 239 e 240, 339Pu, 240Pu; o, più genericamente, lo si trova riferito, a partire dagli anni Cinquanta del Novecento quando, dopo la Seconda guerra mondiale, la pervasività della chimica industriale si presenta incistata nel sistema produttivo, volendo, con i polimeri sintetici, cioè con la plastica, oppure nel sistema agroalimentare, per esempio, con i concimi minerali di sintesi, ossia con i fertilizzanti artificiali, e con tutto il ventaglio dei pesticidi che l’accompagnano etc.; in altri testi, ancora, lo si trova poi legato alla transizione dall’economia di caccia e raccolta all’agricoltura, seguita dall’inizio dell’agricoltura su vasta scala, all’incirca 10 000 anni fa; fatto salvo tutto questo, qui arbitrariamente si pone la sua data d’inizio convenzionale nell’overkill antropico della Megafauna, evento situabile a partire da 13 000 anni fa, v. infra; quest’arco temporale si presenta pertanto qui sovrapponibile, in certi contesti, al periodo geologico dell’Olocene, scientificamente accettato e, a tutt’oggi, non sostituibile).
Ma andiamo con ordine, e partendo da molto, molto lontano (e pure con una tecnica espositiva decisamente ondivaga che richiederà molta pazienza da parte del lettore, e troverà solo a lettura ultimata, o almeno si spera, la sua giustificazione).



[1] Di questo si prende carico il primo volume, titolato La paleostoria.
[2] Di questo si prende carico il secondo volume, titolato L’Anthropocene, 1 (La preistoria).
[3] Di questo si prende carico il terzo volume, titolato L’Anthropocene, 2 (La storia).